Tu chiamale se vuoi emozioni
👨🏻💻 Perbacco! #26 - Dalle logiche di marketing ai rapporti tra GDO ed industria in tempi di magra
Ciao! Io sono Antonio Di Bacco, mi occupo di strategia, marketing e comunicazione. Nella puntata di oggi facciamo un passo indietro e due di lato. Si parte!
Ti rassicuro subito. No, non voglio aggiungere un’altra voce al dibattito sul bello/brutto o giusto/sbagliato a proposito dello spot Esselunga. Piuttosto buttare lo sguardo altrove per tornare poi a casa nostra.
Ma prima partiamo da un dato di fatto.
Marketing emozionale
Il marketing emozionale si riferisce a iniziative di marketing e pubblicità che utilizzano principalmente le emozioni per far sì che il pubblico le noti, le ricordi, le condivida e le acquisti.
Questa una delle definizioni di marketing emozionale che si trovano online.
Di certo se una pubblicità fa discutere è perché si è fatta notare, forse ce ne ricorderemo per un po’, la condivideremo (probabilmente sui social o a tavola, non è detto nei contenuti). E per quanto riguarda l’ultimo e più importante atto, cioè l’acquisto, evidentemente è quello che si augura Esselunga avendo fatto una scelta precisa in termini di emozioni che si vogliono provocare.
Qui ci viene in aiuto il modello chiamato ruota delle emozioni sviluppato dallo psicologo statunitense Robert Plutchik, composto da quattro coppie di emozioni primarie, che mescolandosi tra loro possono produrre un'infinita varietà di esperienze emozionali:
gioia contro dolore
rabbia contro paura
accettazione contro disgusto
sorpresa contro attesa
La rappresentazione grafica, nella sua versione più ampia, ricorda quella di un fiore.
Se pensiamo allo spot della pesca di Esselunga ci troviamo a percorrere quel petalo blu dove l’angoscia genera tristezza, pensierosità, affiancate da ulteriori sfumature laterali che possono portare verso le sensazioni di rimorso o disapprovazione.
Succede perché provare emozioni è nella nostra natura e pure le reazioni ad uno spot pubblicitario derivano da questa natura, ma l’intento di chi realizza una campagna è sempre e comunque portare risultati di vendita positivi e prevalere sulla concorrenza.
Siamo d’altronde in un periodo economicamente difficile, con prezzi in notevole salita. In un mercato affollato e competitivo come quello della Grande Distribuzione Organizzata (GDO), un forte impatto emotivo può fare la differenza tra un’insegna che si perde nella massa e una che si distingue.
L’altro elemento che può fare di sicuro la differenza è il prezzo, a volte con alcune sfumature di significato. Restiamo nella GDO, ma facciamo un salto in Germania.
Sovrapprezzi alla tedesca
Ad inizio agosto la catena tedesca di supermercati Penny ha aumentato i prezzi di alcuni cibi fino al 94% per adeguarli al reale costo ambientale che questi generano.
Per una settimana, in tutte le sue 2.150 filiali presenti in Germania, Penny ha applicato prezzi "reali" a 9 dei suoi oltre 3.000 prodotti, ovvero l'importo che dovrebbe essere effettivamente richiesto alla clientela se si tenesse conto di tutti i danni ambientali causati dalla produzione.
L’iniziativa è stata sviluppata in collaborazione con studiosi dell'Università Tecnica di Norimberga e dell'Università di Greifswald, che hanno stimato gli effetti economici della produzione dei 9 alimenti sul suolo, sul clima, sull'acqua e sulla salute.
I prodotti interessati sono stati di vario genere, dal formaggio ai classici würstel, ma in linea di massima l'aumento è stato più basso per i prodotti completamente a base vegetale e decisamente più alto per i prodotti caseari e per la carne per via del diverso impatto ambientale.
Come riporta il Guardian, il reddito aggiuntivo che ne ha ricavato Penny è stato donato all'associazione Zukunftsbauer (Agricoltori del futuro), che sostiene le aziende agricole a conduzione familiare nelle regioni alpine, molte delle quali lottano sempre più per sopravvivere a causa dei bassi profitti o talvolta addirittura delle perdite sui loro prodotti.
Nella catena del valore costituita da agricoltori → produttori → distributori → consumatori, il distributore ha voluto sensibilizzare i clienti finali sui costi nascosti per il pianeta e per alcune comunità di agricoltori. Implicitamente la colpa ricade sull’industria e sui marchi del largo consumo.
Penny ha voluto dare un segnale, cercare di distinguersi su tematiche ambientali e sociali, in fin dei conti rischiando poco in termini economici dato che si è trattato solo di 9 prodotti (lo 0,003% del totale prodotti venduti) e per una sola settimana.
Cambiamo paese e spostiamoci in Francia.
Shrinkflation alla francese
Ad inizio settembre, la catena Carrefour ha voluto mettere i puntini sulle “i” di inflazione. Nei suoi punti vendita ha attirato l’attenzione dei clienti su come alcuni prodotti si siano incredibilmente rimpiccioliti a fronte di un prezzo invariato se non addirittura salito. E’ stata definita shrinkflation, dall’inglese shrink + inflation (restringersi, rimpicciolirsi + inflazione).
Il testo riportato nell’avviso posto sugli scaffali recita “Questo prodotto ha visto il suo litraggio scendere e il prezzo praticato dal nostro fornitore salire”.
Il giornale francese Le Figaro riporta l’attacco del direttore generale di Carrefour, Alexandre Bompard, che dichiara queste pratiche come ingannevoli e inaccettabili.
“In questo modo avremo le informazioni più affidabili possibili per i consumatori, perché è inaccettabile questo comportamento da parte dei produttori”.
L’intenzione è di mettere i consumatori nelle condizioni di scegliere consapevolmente un prodotto e avvisarlo nel caso si sia verificata la cosiddetta sgrammatura. Generare fiducia nei confronti di Carrefour. Il messaggio non troppo velato è: vieni da me che faccio i tuoi interessi.
La risposta del mondo dell’industria, impersonata dal capo dell’associazione nazionale delle industrie alimentari (Ania), Jean-Philippe Andrè, è stata prevedibilmente piuttosto piccata:
“Su questi prodotti non esiste alcuna truffa. Dire che c’è una truffa è un’ipocrisia. I distributori hanno accettato questi prodotti come tali”.
Sullo sfondo c’è lo scontro in atto tra grande distribuzione e industria, indotto proprio dall’andamento dell’economia ad elevato tasso di inflazione. Un rapporto, quelle tra GDO e produttori di beni di largo consumo, spesso conflittuale.
Rapporti di forza
Sono passati diversi lustri da quando ero seduto tra i banchi della mia università, ma ricordo ancora bene un particolare caso studio all’interno del corso di Trade Marketing. Era incentrato proprio sui rapporti di forza tra produttori e distributori, prendendo spunto dalla disputa in atto tra un brand forte come Nutella e un distributore, Esselunga, che voleva imporre il proprio prezzo di vendita senza rispettare il prezzo “consigliato” dal produttore Ferrero.
L’azienda dolciaria, determinata a far valere le sue ragioni, decise di ritirare le forniture di Nutella ad Esselunga. Dopo qualche mese la catena di supermercati dovette fare un passo indietro. I clienti, pur di accaparrarsi l’agognata crema alla nocciola, avevano cominciato a frequentare meno i punti vendita di Esselunga.
Soni passati molti anni, Esselunga è ancora sulla cresta dell’onda e questa volta per guadagnare terreno sulla concorrenza ha deciso di puntare sulle emozioni, dando meno peso alla convenienza e ai prezzi.
Non è con l’industria che si confronta, ma con le reazioni del pubblico. Non solo quelle a caldo, ma nel lungo termine.
Mentre attendiamo di capire se ci saranno effetti reali sui risultati di vendita o si è trattato solo di un giro di giostra ruota, mi ritorna in mente un ritornello di Lucio Battisti:
Capire tu non puoi
Tu chiamale se vuoi
Emozioni
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👓 Spunti e appunti
Impepata di cozze? No! Pannelli isolanti con la barba delle cozze.
Una campagna pubblicitaria contro il razzismo di grande impatto per un’auto che in realtà non esiste. E’ la DWBauto.
Sebastian Vettel prova a farsi paladino della biodiversità nelle scuole giapponesi e tra i suoi ex-colleghi. Il suo mini-reportage sull’Hotel per gli insetti sul circuito di Suzuka.
Sottilismi, ma non troppo. Perché un manzo non è una mucca.
L'articolo più richiesto su Shein (super-fast fashion) in America Latina sono…i suoi sacchetti di plastica! (via
di )Non faccio in tempo a scrivere una puntata sui Lego (se ti è sfuggita la trovi qui: Matti da LEGOare) che subito c’è da aggiornare un pezzo: LEGO abbandona l’idea di mattoncini in plastica Pet riciclata
Avevo scritto pure di aria condizionata (Antò, fa caldo!). Torna sull’argomento Internazionale, con un bel pezzo che dimostra quanto la società statunitense sia plasmata sull’aria condizionata.
🎈E per finire in leggerezza…
L’indimenticabile Tafazzi, interpretato da Giacomo Poretti in Mai Dire Gol, nell’illustrazione di Damiano Stingone.
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