Karma e sangue finto
👨🏻💻 Perbacco! #29 - Storie familiari, allevamenti intensivi e diete flexitariane
Ciao! Io sono Antonio Di Bacco, mi occupo di strategia, marketing e comunicazione e questo è un nuovo numero di Perbacco! - la newsletter su sostenibilità, etica, marketing e comunicazione. Oggi puntatona carnivora. Via!
Fin da quando ero un tenero infante non ho mai mangiato (volontariamente) la carne. Pappe di vitello o pollo finivano ovunque tranne che nel mio stomaco. Un innato rifiuto totale.
Anni ed anni a scansare ragù dalla pasta o qualsiasi pezzo di carne di terra o di mare (compresi pesci e crostacei). Quando scattava l’obbligo domenicale, un hamburger o arrosticino (sono pure abruzzese!), sopperivo a quella che per me era una tortura ingurgitando fette di pane grandi come la Groenlandia.
Il punto però è che mio nonno Nicola era macellaio. Dal 1945 per 33 anni ha rifornito i compaesani di carni scelte personalmente recandosi con la sua Fiat Topolino Furgoncino presso allevatori di fiducia e fiere del bestiame. Sulla qualità non si transigeva.
Potrai capire l’imbarazzo quando mi invitavano a pranzo. Declinavo sempre, con qualche rammarico da parte dei nonni.
L’unica (ironica) spiegazione che mi sono dato è che deve essere karma familiare: forse devo compensare tutta la carne venduta in famiglia prima che io nascessi.
Sono però sempre stato l’unico vegetariano in casa e tra gli amici, senza forzare mai nessuno a seguire quella che col tempo è diventata anche una scelta consapevole. Al massimo ho rifiutato qualche invito a cena al ristorante argentino.
Detto questo, certi dati sembrano incontrovertibili.
Che macello!
Ogni anno sul pianeta vengono macellati circa 70 miliardi di capi per il consumo alimentare. Un numero gigantesco reso possibile dallo sviluppo degli allevamenti intensivi. Dati che visualizzati rendono ancor più chiara la situazione.
Il sistema dell’allevamento intensivo segue il modello dell’economia lineare dove gli animali sono come macchine alimentate da mangime costituito da mais e legumi.
Questo genera un impatto ambientale devastante principalmente per due motivi:
Le coltivazioni in monocoltura di mais e soia utilizzate per la zootecnia hanno ormai estensioni gigantesche a scapito di foreste o altre coltivazioni che permetterebbero la rigenerazione del suolo
Gli allevamenti intensivi, proprio per l’alta concentrazione del bestiame, generano scarti tossici sia per chi risiede nelle vicinanze sia per chi abita il pianeta Terra.
Rilasciano ammoniaca, metano, PM10 e PM2.5, ma anche liquami nei terreni, con un grave impatto sulla qualità della vita delle comunità che vivono nei pressi di questi stabilimenti e che per questo motivo si mobilitano per bloccare le aperture di nuovi allevamenti e protestare per quelli esistenti.
In termini più ampi, le emissioni di gas ad effetto serra generate dagli allevamenti intensivi, in particolare di carne bovina, sono di gran lunga superiori a quelli di altri cibi, anche quando si considerano le emissioni generate dal trasporto del cibo stesso.
Chi rema contro
Se dati e studi sembrano indicare nella produzione di carne un problema globale non trascurabile, i punti di vista e gli approcci non seguono certo una direzione univoca.
In Cina è già in funzione il Pig Palace, un grattacielo dove vengono allevati centinaia di migliaia di suini, in un ambiente totalmente artificiale e automatizzato, con evidenti rischi sanitari. Con pochi scrupoli etici si punta a massimizzare i profitti.
La stessa Commissione Europea sta rallentando il processo legislativo per regolamentare le condizioni di vita degli animali da allevamento e dar seguito alle 1,4 milioni di firme raccolte in tutto il continente.
La scarsa proattività legislativa è fortemente condizionata dalle lobby dei produttori di carne che esercitano notevoli pressioni persino sulla FAO, sugli organi Europei e statunitensi. Gruppi di aziende che fondano la propria esistenza sugli allevamenti in larga scala e che oltre ad avere contatti diretti negli organi di controllo e legislazione, usano tattiche tipiche degli attivisti ambientali ma con finalità opposte, come flashmobs e campagne sui social media, compreso LinkedIn.
Scavando ancora più a fondo si scopre che un buon numero di aziende e lobbisti sono italiani. Nel nostro Paese le tre principali associazioni di categoria, Assocarni, Assica e Unaitalia, hanno unito le forze per creare un sito denominato Carnisostenibili.it allo scopo di “contribuire a una informazione equilibrata su salute, alimentazione e sostenibilità.”
Per influire sull’opinione pubblica la strategia è spesso orientata a rappresentare l’allevamento come fosse ancora quello naturale di una volta, allontanando lo spettro degli allevamenti intensivi.
Su un’intervista comparsa su Linkiesta lo scorso luglio, Elisabetta Bernardi - nutrizionista, biologa e specialista in Scienze dell’alimentazione - spiega quanto sia importante mangiare carne, concludendo l’articolo con un’immagine quasi fiabesca:
“Fortunatamente non abbiamo bisogno che gli animali spariscano dalle nostre campagne, anche perché i ruminanti, bovini e ovini, sono particolarmente preziosi all’uomo per la loro capacità di convertire prati in porzioni di latte e carne, alimenti ai quali l’uomo non può certamente rinunciare.”
Le stime però dicono ben altro: il 74% del bestiame terrestre è factory-farmed, letteralmente “allevato in fabbrica”, con punte del 99% negli Stati Uniti. In questo preciso momento, mentre leggi questa newsletter, circa 23 miliardi di animali si trovano rinchiusi in questi allevamenti.
Gli animali sono già spariti da un pezzo dalle nostre campagne e muoiono persino per asfissia quando i ladri di rame staccano la corrente ai capannoni dove vivono “allevati a terra” 240.000 polli.
In laboratorio
Ricorderai sicuramente le polemiche, specie in Italia, relative alla cosiddetta carne artificiale: carne a base cellulare ottenuta da cellule di animali vivi e coltivata in bioreattori nutrendola con un liquido fatto di vitamine. A marzo, fiancheggiando gli interessi di produttori e associazioni di categoria (ad esempio Coldiretti), il governo si era affrettato a imporre il divieto per la produzione e la commercializzazione di carne coltivata in laboratorio, con grande risalto mediatico e bloccando di fatto la ricerca su questo genere di prodotti.
Ora la legge è stata approvata dalla Camera, pur se c’erano da tempo voci di ritiro dello stesso provvedimento perché in contrasto con la normativa europea.
Altri stati come Israele e USA stanno invece investendo molto in questo campo. A differenza dei colleghi italiani, la più grande azienda produttrice di carne bovina al mondo, la brasiliana JBS, ha investito 41 milioni di dollari per costruire un impianto per la produzione di carne in laboratorio, con l’obiettivo di produrre inizialmente circa 1.000 tonnellate di carne coltivata all'anno, per arrivare poi a 4.000 tonnellate. Invece di scongiurare il pericolo, cerca di mantenere la leadership anche nel mercato del futuro.
Flexitariani si diventa
Pochi giorni fa il governo danese ha inserito nella sua strategia nazionale per l’ambiente un piano d’azione finalizzato alla transizione verso un’alimentazione sostenibile – a base di verdure e legumi – allo scopo di ridurre le emissioni di gas serra.
Le iniziative riguardano fondi e sussidi, consulenze per startup, corsi di formazione degli chef nelle cucine pubbliche e private, una maggiore attenzione alle diete a base vegetale nelle scuole, proposte per aumentare le esportazioni di alimenti a base vegetale danesi e investimenti nella ricerca.
Lo scopo del governo è quello di creare aree di crescita futura con nuove opportunità di guadagno e di lavoro in linea con il rispetto dell’ambiente, del clima, della salute e dei diritti dei lavoratori, incentivando attività di ricerca e sviluppo. La Corea del Sud sta seguendo la stessa strategia.
L’intenzione non è quella di raggiungere un’alimentazione vegetale al 100%, cosa probabilmente impossibile, ma di favorire un minor consumo di carne e tendere quindi verso una dieta flexitariana: meno proteine animali e più proteine vegetali.
Un obiettivo importante specie nei paesi più sviluppati dove si consuma molta carne (sul podio Hong Kong, USA e Australia).
L’argomento rimane però ostico, con opposte fazioni che seguono interessi divergenti e che si contrappongono sui social media, sui banchi di governo, nelle istituzioni internazionali. Serve qualche forzo in più per trovare soluzioni pacifiche, come fanno Peppa Pig e la sua amica ed eterna rivale Suzy Pecora. Ma loro sono solo animali antropomorfi. In fondo i veri nemici appartengono ad un’altra specie.
👓 Spunti e appunti
Cosa c’entra Kim Kardashian con la sostenibilità? Niente, se non fosse che ha appena lanciato il suo “Nipple Bra” (reggiseno con capezzolo incorporato) facendo ironia sul riscaldamento globale. Un’approfondita analisi su questo caso di greenwashing.
Ho parlato di economia circolare nelle città nello scorso numero di Perbacco!, ma la panoramica sul tema pubblicata dalla Ellen MacArthur Foundation è molto utile per allargare lo sguardo verso altri progetti in corso in tutto il mondo.
Quante tonnellate di minerali richiederà la transizione energetica? Non poche, ma decisamente meno dei miliardi di tonnellate di combustibili fossili che estraiamo dalla terra ogni anno.
Prontə a ballare la musica dei funghi? Impulsi elettrici prodotti dai funghi vengono tradotti in vere e proprie sequenze musicali e canzoni tramite un sintetizzatore. No, non sono allucinogeni! 🍄
Una riflessione su rapporto tra sostenibilità ed inclusività, in particolare a proposito di edifici residenziali come il Bosco Verticale. Il lusso è sostenibile?
Donare la propria voce per registrare audiolibri per bambini ciechi o ipovedenti.
Creatività umana e Intelligenza Artificiale Generativa: un mio esperimento personale per andare oltre il concetto di curriculum vitae con un po’ di ironia. Che ne pensi?
🎈E per finire in leggerezza…
Un’illustrazione realizzata da Lim Heng Swee. C’è pure il cuoricino! Lo stesso che puoi pigiare alla fine di questa puntata, se e sole se ti è piaciuta. 😊
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Articolo interessante, spero che lo leggano e recepiscano in tanti. Io seguo uno stile di vita vegan da tanti anni e quindi sono argomenti che avevo già masticato. Anche io mi sono ritrovato a domande assurde sulla dieta vegan del tipo: se i vegani mangiano le patatine fritte, o perché non bevono il vino o altre dissertazioni.
Caspita Antonio, capiti a fagiolo in un mio personale percorso di consapevolezza. Anzi, più che di consapevolezza si tratta oramai di scelta. Non sono vegetariana, ho scoperto di essere flexitariana. Grazie per aver spiegato tutto così bene, era ciò di cui avevo bisogno. :-)