Soffia che ti passa
🍀 Perbacco! #66 - L’ossessione per il verde ordinato tra estetica, rumore e marketing
Nel giardino della modernità non c'è spazio per le foglie. Ma siamo proprio sicuri che tutto debba essere così pulito?
I protagonisti di questa puntata sono i soffiafoglie. Strumenti che hanno ormai una diffusione planetaria, al servizio dell’ordine e del desiderio di potere di giardinieri professionisti e hobbisti della domenica.
Io sono Antonio Di Bacco, aiuto le aziende a essere più sostenibili e questa è una nuova puntata di Perbacco! - la newsletter che parla proprio di sostenibilità, etica e strategie d’impresa.
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Prima di inizare, una comunicazione di servizio: venerdì 6 giugno sarò al We Make Future Festival a Bologna. Se ci sarai anche tu e vuoi fare due chiacchiere, scrivimi!
Ora partiamo, ma forse qualche ronzio lo hai già sentito. Buona lettura!
Il rombo dell'ordine
Li senti arrivare prima ancora di vederli.
Sei lì, sul divano. A leggere. O forse alla scrivania. Oppure a dormire ancora cinque minuti. E invece... no.
Arrivano gli operatori del comune o qualche vicino particolarmente attivo, come se uno sciame di vespe avesse deciso di fare base proprio sotto la tua finestra.
I soffiafoglie, strumenti pensati per rendere più semplice la pulizia degli spazi verdi, sono diventati il simbolo dell'efficienza urbana. Ma anche del rumore gratuito, dell'inquinamento fuori stagione, di una certa idea di controllo sulla natura.
Un'idea potente e diffusa, che coinvolge professionisti del verde o semplici cittadini, tutti intenti a scacciare foglie da prati, vialetti, marciapiedi.
Talmente diffusa da aver generato degli anticorpi, vere e proprie crociate contro l’uso di questi strumenti da giardino, specie negli Stati, che ha raggiunto persino star del cinema come Cate Blanchett.
Lo scorso marzo, durante un’intervista su TikTok in un famoso format girato sulla metropolitana di New York, proprio lei ha dichiarato la sua avversione totale: “I soffiafoglie devono essere estirpati dalla faccia della Terra”, scatenando una coda di commenti e ricondivisioni social su questo tema.1
Secondo lei l’uso di questi strumenti “è una metafora di quello che non va in noi come specie”. E forse un po’ di verità c’è.
Anticorpi
Proprio negli Stati Uniti è nato un movimento chiamato “Make America Rake Again”, in cui “rake”, molto assonante con Great, significa rastrellare.
Più di 100 città statunitensi, come Philadelphia e Seattle, hanno vietato i soffiatori alimentati a gas e oltre 45 organizzazioni diverse in tutto il Paese fanno parte della Quiet Clean Alliance (Alleanza Quiete e Pulizia).2
I soffiatori a gas non solo creano un inquinamento acustico estremo - i più potenti possono produrre fino a 100 decibel di rumore a bassa frequenza, più o meno come un Boeing 737 in decollo - ma sono anche una minaccia per l'ambiente e per la salute umana.
Secondo il California Air Resources Board, un singolo operatore che utilizza un soffiatore a gas per un'ora genera le stesse emissioni di smog di un'automobile che percorre 1.100 miglia, vale a dire oltre 1.700 km. Come andare da Venezia a Lecce, andata e ritorno.
Per questi motivi in California i modelli a gas non saranno più in vendita già da quest'anno.
Ma mentre le istituzioni provano a frenare, il mercato accelera, trainato soprattutto dai modelli a batteria, pubblicizzati come più green e più smart.
Marketing a tutta potenza
Una delle aziende storiche del settore è la tedesca Stihl, che pur essendo ancora un’azienda a conduzione familiare, conta 20.000 dipendenti, 55.000 rivenditori specializzati in tutto il mondo e ben 5 miliardi di euro di fatturato annuo.

Tra le pieghe del marketing di prodotto si legge molto più di quanto appaia in superficie.
Le campagne per i soffiafoglie non parlano solo di potenza, durata della batteria, ergonomia. Parlano di estetica del giardino, di cura domestica, di efficienza personale. Il giardino non è più natura, è showroom.
Cito testualmente dal sito di Leroy Merlin:
"Tra gli strumenti più efficaci e performanti per curare il tuo giardino non puoi non considerare l’acquisto di un soffiatore a batteria. Un attrezzo semplice quanto comodo da usare, moderno, ideale per chi dispone di uno spazio verde o un vialetto da curare, ma non ha molto tempo per gestirlo al meglio. Durante il periodo autunnale, è a dir poco indispensabile."3
Nei punti vendita si moltiplicano bundle e offerte stagionali, su YouTube i video comparativi sono sponsorizzati da influencer del bricolage.
Le recensioni parlano di praticità, ergonomia ed efficacia. La potenza è spiegata con dovizia di particolari: "Questo soffiatore ha una potenza di 11 Newton. Ma cosa sono sti Newton?? Se io prendo una biglia da biliardo in acciaio e la metto a terra sul pavimento, il mio soffiatore riuscirà a spostare la mia biglia per 11 metri."4
Quello che acquistiamo davvero forse non è un soffiatore. È il potere di cancellare il disordine con un getto d'aria.
E se fosse questo, il vero prodotto? Il controllo. La prestazione. L'ordine immediato. Poco importa se l'impatto ambientale è ancora tutto da valutare.
Siamo talmente abituati a una natura estetizzata da considerare patologico tutto ciò che non è geometrico. Come se la spontaneità fosse un problema da gestire. Come se il mondo fosse più sano quando è più pettinato.
La contro-narrazione perfetta
Eppure, esiste un'altra narrazione.
Qualche giorno fa YouTube ha deciso di propormi un video dal titolo "30 giorni per costruire una capanna con pietre e tronchi nella foresta".5
Milioni di visualizzazioni. Nessun motore. Solo mani, strumenti semplici, legno, fuoco, pioggia, neve.
Un uomo solo, immerso nella natura, che lavora con i suoi ritmi, senza strumenti a motore. È la contro-narrazione perfetta: niente disordine da soffiare via, solo gesti da veri artigiani e natura da abitare. Una casa costruita non per mostrarsi, ma per vivere davvero.
Su YouTube canali e video su bushcraft (letteralmente “artigianato della boscaglia”) e armonia con la natura selvaggia, contano milioni di visualizzazioni e iscritti.
Questo tipo di immaginario ha successo perché parla a un bisogno profondo: rallentare. Riprendersi il tempo. Ritrovare una relazione sensoriale con lo spazio e la natura. Non è nostalgia, è fame di reale.
Luddisti col rastrello
Come ha fatto notare Davide Coppo su Rivista Studio, potremmo essere di fronte ad un nuovo luddismo.
Quando nacque in Inghilterra durante la prima rivoluzione industriale, Ned Ludd ed altri operai e artigiani distruggevano i telai meccanici che minacciavano il loro lavoro.
Per anni è stato raccontato come un movimento retrogrado, contrario al progresso tecnologico.
Studi recenti ne offrono però una lettura diversa: il luddismo sarebbe stato un primo tentativo di resistere a un uso squilibrato della tecnologia, volto a rafforzare il controllo e il potere dei pochi a scapito dei molti.
Oggi quel pensiero si rinnova nella critica ai sistemi tecnologici che regolano in modo sempre più invasivo il lavoro, la vita urbana e le relazioni sociali.
E forse la forma più quotidiana e rumorosa di questo dominio non è un algoritmo. È il soffiafoglie.
Certo, saranno sempre più green, avranno batterie più performanti, consumeranno meno per offrire di più, ma continueranno a raccontare il verde come uno sfondo da ordinare, non come un ecosistema da rispettare.
In fondo, anche tra le foglie cadute, si nasconde una scelta.
E ogni scelta, si sa, fa rumore.
Ma non sempre serve un motore per farla arrivare lontano.
Calendari anni ’80, in HD
Forse hai già intercettato la polemica sullo spot U-Power con protagonista Diletta Leotta, bloccato dallo IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria).
In una scena, un bambino osserva con stupore e un certo entusiasmo una ragazza in minigonna sopra un palco, mentre la voce fuori campo recita: “La prima volta che sei rimasto senza parole”.
Lo IAP ha ritenuto inopportuna la sessualizzazione dell’infanzia implicita nella scena.
Ora lo spot è tornato in onda, ma con un montaggio diverso: al posto della ragazza ammiccante, un coniglio che esce dal cilindro di un mago. Diletta Leotta c’è ancora, ma solo nei fotogrammi successivi.6
U-Power produce scarpe e abbigliamento da lavoro. I loro clienti ideali? Probabilmente uomini, spesso con un livello d’istruzione medio-basso. Spot così, pensati per “fare rumore”, potrebbero centrare l’obiettivo: far parlare e forse anche vendere.
A me ricordano i calendari appesi dai meccanici, quelli ins tile Playboy: un’estetica da officina anni ’80. Eppure, non mancherebbero spunti più utili per parlare dei benefici reali del prodotto: sicurezza, comodità, durata.
Come sempre, dietro ogni pubblicità c’è un’idea precisa di azienda. E di mondo.
Ricostruire, ma meglio
Le Everglades sono un parco della Florida, piuttosto famoso per le sue paludi, i suoi coccodrilli e anche quelle barche che sembrano avere un ventilatore gigante e rumorosissimo montato sulla poppa.
Il nuovo Flamingo Lodge è un hotel ecosostenibile costruito nel cuore del parco nazionale delle Everglades.
Un tempo era un classico edificio in cemento, distrutto da uragani come Katrina e Wilma. Oggi è rinato con 24 stanze realizzate da container marittimi riadattati e sollevati su pilastri di cemento a oltre 4 metri dal suolo.
È un progetto che parla di resilienza climatica: pensato per resistere a tempeste sempre più violente, progettato con materiali sostenibili, costruito tra mille difficoltà (pandemia, crisi delle forniture, norme che cambiavano di continuo).
Non è solo un hotel, è un manifesto: non possiamo evitare ogni disastro, ma possiamo scegliere come ricostruire, con più intelligenza, rispetto e visione. E magari con un po’ di design industriale.7
È tutto per questo numero di Perbacco! Se vuoi parliamone nei commenti.
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Se vuoi vedere il video in cui Cate si scaglia contro i soffiafoglie, lo trovi qua.
Se ti vuoi unire al movimento del rastrello o scoprire qualcosa in più sulla Quiet Clean Alliance, li trovi qui:
Il testo sui soffiafoglie di Leroy Merlin è ripreso da questa pagina.
Il video di chi ha costruito una casa nella foresta in 30 giorni è visibile qui.
Non per sminuire la sua battaglia, ma lo sfogo di Cate Blanchett lo definirei proprio un first-world problem.