Oltre il buio di Gaza
🍀 Perbacco! #67 - Come resistenza e innovazione affrontano guerra, isolamento e il cinismo globale
Questo numero di Perbacco! doveva avere un altro titolo e parlare di tutt’altro. Ma poi ho riscritto tutto.
Ormai da tempo c’è qualcosa che, volendo o non volendo, torna nei miei pensieri quotidiani.
Ha a che fare con la sostenibilità nel senso più ampio e più alto del termine. La sostenibilità umana, sociale, economica e ambientale di un popolo, quello palestinese. La sua stessa sopravvivenza.
Perciò oggi cerchiamo di mettere ordine a fatti e pensieri, indagando gli aspetti economici e i progetti di vera rigenerazione che nonostante tutto cercano di andare avanti tra mille difficoltà.
Io sono Antonio Di Bacco, aiuto le aziende a essere più sostenibili e questa è una nuova puntata di Perbacco! - la newsletter che parla proprio di sostenibilità, etica e strategie d’impresa.
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Ora partiamo.
E se vuoi alla fine lascia pure un commento. La tua opinione mi interessa.
Si salvi chi può
55.000 vittime, un territorio ridotto a macerie e milioni di vite sospese. L'economia di Gaza non esiste più. Gli appelli a intervenire si moltiplicano, qualcosa comincia a muoversi a livello internazionale, ma molti, troppi governi, compreso quello italiano, sembrano immobili.
Interessi economici e geopolitici si intrecciano in un gioco in cui a perdere è l’intera umanità. Eppure ci sono progetti di sostegno e imprenditorialità che resistono a tutto (per ora).
Andiamo con ordine.
Un'economia ridotta in macerie
L’economia palestinese era già al collasso prima del 7 ottobre 2023, a causa di blocchi, sanzioni e tensioni politiche. Negli ultimi 18 mesi la situazione è peggiorata drammaticamente.
Nel 2024 la disoccupazione ha raggiunto l’80%, cancellando oltre 200.000 posti di lavoro. L’agricoltura è stata praticamente azzerata, con un calo del 96%, e oggi oltre il 75% della popolazione sopravvive esclusivamente grazie agli aiuti internazionali.
A peggiorare la situazione, Israele trattiene ogni mese circa 188 milioni di dollari di entrate fiscali destinate all'Autorità Palestinese, impedendo il pagamento di stipendi pubblici e servizi sociali.
Alla distruzione economica si aggiunge quella ambientale: impianti di desalinizzazione, reti fognarie, centrali elettriche e infrastrutture idriche sono stati gravemente danneggiati o distrutti.
Questo ha provocato rischi sanitari enormi, contaminazione delle falde e aumento dell'inquinamento atmosferico per l'uso massiccio di generatori diesel. Senza contare l’inquinamento derivante dalle tonnellate di munizioni scaricate sul campo.
La ricostruzione di Gaza potrebbe costare fino a 80 miliardi di dollari.
Una cifra enorme, che oltreoceano qualcuno immagina già come un nuovo Eldorado per le imprese occidentali, al punto che dalla Casa Bianca, con l’ormai usuale cinismo, si è ventilata l’idea di trasformare Gaza nella "Riviera del Medio Oriente".
Perché il mondo resta immobile?
Oltre agli equilibri geopolitici, la risposta sta anche nei grandi interessi economici che prosperano dietro questa catastrofe umanitaria.
Da anni Israele punta al controllo strategico delle risorse energetiche del Mediterraneo orientale, in particolare dei giacimenti offshore di Gaza Marine e Leviathan. Due enormi riserve di gas naturale, strategiche per garantire indipendenza energetica e profitti miliardari.
In questo scenario operano colossi energetici globali come Chevron, che hanno causato alla Palestina perdite economiche stimate in centinaia di miliardi di dollari.
Qui emerge il grande paradosso energetico della regione: Gaza siede su queste enormi riserve di gas, ma la sua popolazione vive in blackout costante.
Israele e multinazionali energetiche lavorano per controllare e sfruttare queste risorse, creando una disuguaglianza enorme: un territorio devastato che produce ricchezza solo per altri.
Non solo energia: anche l’industria bellica fa affari d’oro con la crisi.
Boeing, Lockheed Martin e Raytheon Technologies registrano profitti record grazie alle operazioni militari israeliane, sostenute dagli aiuti USA che dal 1950 hanno superato i 260 miliardi di dollari.
L’Europa, primo partner commerciale di Israele con scambi annuali per 45 miliardi di euro, mantiene un atteggiamento ambiguo, evitando di compromettere i propri interessi economici.

E l’Italia? Nel 2023 gli scambi commerciali italo-israeliani hanno raggiunto i 4,8 miliardi di dollari, coinvolgendo settori strategici come veicoli, cosmetici, arredamento, food e attrezzature industriali.
Aziende italiane come Enel X, Adler e Snam sono attive in Israele, dove da anni si concentrano molte startup e iniziative per favorire l’innovazione, affiancandosi a realtà consolidate come TIM, tutte con forti interessi proprio nel settore dell'innovazione tecnologica e della cybersecurity.
Se torniamo per un attimo all’industria bellica, Leonardo è un interlocutore quasi onnipresente, ovunque ci sia la necessità di aumentare i budget dedicati a sistemi di difesa, sorveglianze ad alta tecnologia e forniture militari strategiche.
Non mancano gli interessi dei fondi sovrani di Paesi del Golfo, come Qatar ed Emirati Arabi Uniti, già pronti a investire nella ricostruzione infrastrutturale della Striscia di Gaza, guardando alle future opportunità economiche.1
Modelli di sostenibilità dal basso
Nonostante questo quadro devastante, a Gaza qualcuno riesce ancora a resistere e innovare.
Un esempio emblematico è Ibtkar ("innovazione" in arabo), progetto nato nel dicembre 2022 dalla collaborazione tra soggetti italiani (Oxfam Italia, Cospe, Banca Etica, Provincia di Bolzano) e istituzioni palestinesi, con il sostegno economico dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.
Ibtkar sostiene piccole attività agricole nelle aree rurali di Gaza e Cisgiordania, concentrandosi soprattutto su giovani agricoltori e donne imprenditrici.
Offre formazione, assistenza tecnica e finanziamenti mirati per consentire alle piccole imprese locali di svilupparsi nonostante il conflitto.
Promuove pratiche di agricoltura resiliente, risparmio idrico e filiere corte, creando veri e propri laboratori di economia rigenerativa.2
Imprese sociali come il Palestinian Agricultural Relief Committee3 stanno inoltre creando un ecosistema resiliente con programmi di formazione, aiuti umanitari e sostegno diretto alla microimprenditorialità.
Nel febbraio 2025, nonostante le difficoltà economiche e logistiche, il Palestinian Employment Fund, con il contributo italiano, ha stanziato 1,5 milioni di dollari per garantire la continuità di queste attività vitali.
Questi modelli di sostenibilità non solo permettono la sopravvivenza economica, ma rafforzano il tessuto sociale, fornendo un esempio concreto di economia adattiva e resiliente, capace di rigenerarsi anche nei luoghi più feriti.
Scegliere
L’inerzia diplomatica è sempre più difficile da digerire.
È fatta anche di calcoli geopolitici, equilibri militari, relazioni diplomatiche da non compromettere, automatismi industriali che continuano a funzionare a prescindere dal contesto.
Eppure, questa inerzia si può rompere con scelte concrete.
Rivedere gli accordi commerciali con chi viola il diritto internazionale.
Sospendere le forniture militari verso chi le usa senza trasparenza o controllo.
Sostenere davvero - con fondi, visibilità e partenariati - i progetti locali che costruiscono futuro anche sotto le bombe.
Promuovere una finanza etica, investimenti responsabili, legami economici trasparenti.
E soprattutto, raccontare. Far sapere. Rendere visibili le connessioni tra le nostre economie e le crisi che fingiamo di non vedere.
Perché superare l’inerzia significa scegliere: chi finanziare, chi ascoltare, cosa costruire.
È tempo di guardare oltre le macerie e chiederci cosa stiamo difendendo davvero.
E forse, finalmente, decidere da che parte stare.
Pubblicità e cani in adozione con l’AI
Da e la sua mai banale ho scoperto una campagna del 2024 che riesce a calare nella realtà di quartiere il purpose aziendale.
Parlo di Pedigree, azienda che produce cibo per animali, e della campagna Adoptable, un’iniziativa che unisce intelligenza artificiale e responsabilità sociale.
Il progetto trasforma le foto scattate ai cani nei rifugi in immagini ad alta qualità, inserendo poi i cani adottabili all’interno delle pubblicità del brand, visibili alle fermate del bus o in altri spazi pubblicitari cittadini.
Il risultato? Una campagna che vende crocchette ma promuove anche l’adozione, con targeting locale, aggiornamenti in tempo reale e un algoritmo che toglie il cane dalla pubblicità appena trova casa.
Secondo l’azienda, dopo il lancio in Nuova Zelanda, oltre il 50% dei cani coinvolti ha trovato famiglia in meno di due settimane.
Qui sotto lo spot in questione.
Tende a perdere
Siamo a ridosso dell’estate e stanno per ripartire i festival musicali in tutta Europa, da cui spesso deriva un effetto collaterale: migliaia di tende abbandonate sul terreno.
Nel solo Regno Unito, si stima siano 250.000 ogni anno. Realizzate in materiali sintetici, impiegano secoli a degradarsi.
È il campeggio usa e getta, dove il prezzo basso e la comodità vincono sulla responsabilità ambientale.
Da questa deriva nasce Retribe, un progetto artigianale di Sheffield che recupera tende dismesse e le trasforma in borse e accessori unici.
Ogni pezzo è realizzato su richiesta, evitando sprechi e dando nuova vita a ciò che sarebbe finito in discarica. Un esempio virtuoso di upcycling che mostra come anche un piccolo gesto possa sfidare l’iperconsumo.4
Chiudo questa puntata con un link all’intervista che mi hanno fatto Emanuela Spernazzati e Maurizio Fiengo con il loro format Infactor.
Abbiamo parlato del filo rosso che lega strategia, marketing, comunicazione e sostenibilità, che è poi l’idea che sta dietro a questa newsletter.
Se vuoi darci un occhio la trovi su LinkedIn.
È tutto per questo numero di Perbacco! Se vuoi parliamone nei commenti.
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Sulla situazione a Gaza ho pescato dati e alcune informazioni da varie fonti che riepilogo qui di seguito:
Le conseguenze economiche della crisi in Medio Oriente - Centro studi Eurasia e Mediterraneo
La guerra a Gaza e l’impatto economico sui palestinesi - Terrasanta.net
Le cause economiche dietro il massacro di Gaza - Assopacepalestina.org
Così il conflitto a Gaza alimenta i profitti delle aziende degli armamenti - Conquistedellavoro.it
Gli scambi commerciali tra Italia e Israele visti da Tel Aviv: “Le piazze sono ostili, il governo no” - Altraeconomia.it
Di Ibtkar ha scritto Valori. it