Il dilemma di Peter Pan
👨🏻💻 Perbacco! #38 - Crescere per cambiare il sistema. L'ambizione di B Corp e la realtà dei fatti
Del romanzo “L'uccellino bianco”, pubblicato a Londra nel 1902, probabilmente ricordiamo poco o nulla, ma il suo protagonista è diventato il simbolo del rifiuto di voler crescere: Peter Pan.
La Sindrome di Peter Pan viene descritta proprio come quel fenomeno in cui un adulto dimostra una riluttanza a maturare e ad assumersi le responsabilità tipiche dell'età adulta.
Il dilemma sul crescere o rimanere piccoli è tipico anche di molte aziende o reti di aziende. Alcune preferiscono rimanere piccole, mantenere il controllo familiare, non fare un salto che metterebbe a rischio processi consolidati, il certo per l’incerto.
Una scelta legittima se non si ha l’ambizione di “cambiare il sistema economico”.
È la visione condivisa dai tre fondatori del movimento B Corp. Nel 2006 Andrew Kassoy, Bart Houlahan, and Jay Coen Gilbert, hanno dato vita a B Lab, l’organizzazione che misura e certifica l’impegno delle aziende nel “fare la differenza”.
L’iniziativa ha avuto un enorme successo, con una importante accelerazione negli ultimi anni. Dalle poche decine di aziende nel 2007 si è passati ad oltre 8.000 aziende in 160 settori industriali e 93 Paesi.
E da qui che nascono alcuni problemi.
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La goccia (di caffè) che fa traboccare il vaso
A maggio 2022 Nespresso, filiale di Nestlé, annuncia di essere diventata B Corp.
Mentre il sorriso sornione di George Clooney entrava nelle nostre case con uno spot pubblicitario di una frequenza disarmante, Nespresso sottolineava di essersi sottoposta a una valutazione "completa" che ha richiesto "prove dettagliate e dati di supporto". Eppure in molti hanno spesso criticato Nespresso per i redditi da miseria pagati agli agricoltori del caffè e per l’impatto ambientale dei milioni di capsule vendute in tutto il globo.
Per questo alcune piccole aziende parte del movimento B Corp sono rimaste sconcertate dalla notizia. Jamie Grant, a capo della Glenn Lyon Coffe Roasters, una piccola torrefazione di Aberfeldy, un paesino di 2.000 abitanti al centro della Scozia, ha detto di esserne rimasto sgomento.
Un gruppo di aziende di caffè certificate B Corp insieme all'organizzazione no-profit statunitense Fair World Project ha inviato una lettera aperta a B Lab Global.
L’effetto temuto è quello di diluire il valore ed il significato di una delle certificazioni più conosciute al mondo, tramite cui migliaia di aziende mettono un timbro al proprio sforzo di agire non solo nell’interesse del profitto, ma anche della comunità e dell’ambiente.
Di certificazioni al mondo ne esistono diverse, così come altre etichette o marchi di qualità assegnati sulla base di criteri più o meno stringenti da parte di enti e istituti privati o pubblici.
La particolarità della certificazione B Corp sta nel suo focus molto ampio che riguarda non solo gli aspetti ambientali, ma anche quelli sociali ed etici, inclusi il trattamento dei lavoratori, l'inclusione, la relazione con la comunità e l'impatto sui clienti. Per questo motivo la sua diffusione e visibilità è cresciuta molto negli ultimi anni.
L’intento è di offrire uno strumenti affidabile a chi acquista i propri prodotti e servizi, di guidare le scelte d’acquisto etiche, ma se dietro si intravede qualche tentativo di greenwashing, tutto il sistema viene messo in discussione.
Chi sono queste B Corp
Possono diventare B Corp solo le aziende che ottengono un certo punteggio minimo su cinque dimensioni - governance, lavoratori, comunità, ambiente e clienti - e se adottano una struttura legale come la forma della Benefit Corporation, in Italia le Società Benefit. Società che dovrebbero rispondere non solo agli interessi di proprietari e azionisti, ma tenere conto di tutti gli stakeholder, cioè di tutti quelli che a vario titolo sono portatori di interesse verso l’azienda.
Secondo Bart Houlahan, uno dei fondatori del movimento B-Corp, la maggior parte delle B Corps - il 96% - sono piccole e medie imprese con un valore inferiore ai 100 milioni di dollari. Ma è anche vero che tra quelle certificate, le aziende di grandi dimensioni fanno più scalpore e possono moltiplicare gli impatti.
Nel gruppo ci sono il produttore di gelati Ben & Jerry's, di proprietà di Unilever, le filiali del gruppo alimentare francese Danone, il marchio di abbigliamento outdoor Patagonia, il produttore brasiliano di cosmetici e profumi Natura che possiede Body Shop e Aesop.
Tra le oltre 270 aziende italiane troviamo Eolo (internet provider), Chiesi Farmaceutici, Save the Duck e North Sales (abbigliamento), Illy Caffè, l’Olio Carli, Fileni, Slow Food Promozione, Cortilia, ma anche realtà piuttosto piccole con meno di 50 dipendenti come Albergo Etico di Roma, Rifò (moda circolare), Biova (birra da scarti alimentari), zeroCO2 (riforestazione ad impatto sociale), per arrivare fino alla Pasticceria Filippi di Zané, un paese di 6.000 abitanti in provincia di Vicenza.
La tesi dei fondatori è che per cambiare il sistema economico, per generare impatto reale su larga scala, bisogna crescere e dare la possibilità a chiunque, anche alle grandi corporations, di essere parte del cambiamento.
Bilanciare impatto sociale e autenticità non è semplice. Se si rimane piccoli l’impatto può essere limitato, se si cresce senza controllo l’autenticità della promessa di trasformare l'economia e rendere le imprese “a force for good” (letteralmente una forza per il bene) viene messa a dura prova.
Secondo una ricerca appena pubblicata dall’Harvard Business Review, quello di B Corp è in realtà un caso di successo.
I ricercatori affermano che proprio la coesistenza di due diverse anime tra le B Corp, cioè le aziende piccole che lottano contro i grandi gruppi focalizzati unicamente sul profitto e le grandi aziende desiderose di essere riconosciute come organizzazioni responsabili, sia il valore aggiunto di questo movimento.
Come lo yin e yang, il movimento B Corp vede l'espansione e la purezza come forze opposte, ma allo stesso tempo, come metà indispensabili che costituiscono il tutto.
Da questo contrasto necessario è nata la volontà di rivedere e aggiornare il proprio sistema di certificazione, definendo un nuovo set di criteri più stringenti. Un processo partito a settembre 2022 e che dovrebbe terminare nei prossimi mesi.
Una parte del puzzle
Il movimento B Corp ha saputo negli anni spingere il sistema imprenditoriale verso una maggiore sostenibilità, facendo anche pressioni sui governi affinché introducano nuove forme giuridiche per aziende for profit come è stato in Italia per quella di Società Benefit.
Appare però sempre più evidente che la certificazione, i riconoscimenti, le etichette, i sistemi di rating, devono essere sempre più considerati una parte di un approccio strategico più ampio alla sostenibilità, piuttosto che il punto di arrivo.
Già oggi e sempre di più in futuro, lo status di B Corp e tutte le etichette in qualche modo assimilabili ad essa, sono e saranno rilevanti solo se viste come una parte di un puzzle ben più grande, dove l’azienda è capace di raccontare in maniera autentica e credibile cosa si fa e come lo si fa, chi sono i fornitori e partner, come si dà concretezza alla propria missione e visione.
È sui fatti e non solo sulle parole che si misura il valore e la credibilità di un’azienda e dei suoi prodotti.
Cambiare il sistema è ben più complicato di mettere un'etichetta su una confezione.
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👓 Spunti e appunti
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L’ultimo spot di Under Armour con protagonista il pugile britannico Anthony Joshua, ma interamente realizzato con l’intelligenza artificiale, fa discutere sul futuro dell'industria creativa. Ne ha scritto
sulla sua Brandroad Newsletter (con un mio commento in coda).Abridge è una startup che offre un servizio basato sull’AI che trascrive e riassume le conversazioni medico-paziente. Liberando i medici dal prendere appunti, consente interazioni più empatiche e focalizzate sul paziente. (Business Insider)
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📐 Strumenti di lavoro
C’era una volta la SWOT, la matrice per valutare Forze, Debolezze, Opportunità e Minacce. Quante volte ne hai vista o completata una?
Ma forse mancava un punto di vista innovativo che aiutasse ad interpretare meglio l'epoca che viviamo con 3 ingredienti speciali: bellezza, la sostenibilità e l'inclusività del progetto.
🎈E per finire in leggerezza…
Le molteplici visioni create da Joey Guidone: il DNA come non l’avete mai visto.
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Lavoro per una B-Corp e in effetti mi chiedo a quali stringenti criteri si sia sottoposta la mia azienda se anche un colosso ad alto impatto come Nestlé può prendere la certificazione. Occorrerebbe leggere gli impact report della compagnia, ma come fa un profano a sapere che dietro migliaia di parole spese sulla sostenibilità e il benessere sociale non si nascondano pratiche di mercificazione come lo sfruttamento degli agricoltori? (io stesso non posso in realtà sapere se la mia azienda segua davvero tutte le pratiche promosse o faccia solo greenwashing)
Che grandi aziende entrino nelle B Corp non può che essere positivo: più sono grandi, più è grande l’impatto positivo che può avere. L’importante è che le valutazioni siano imparziali…