Qualche settimana fa, Jeff Bezos e la sua compagna Lauren Sánchez hanno ricevuto il premio Global Visionary Award durante il gala annuale organizzato a New York da Conservation International, un'organizzazione ambientalista americana senza scopo di lucro.
Un riconoscimento per “l’impegno storico del Bezos Earth Fund nella protezione della natura, nella lotta al cambiamento climatico e nel sostegno alle comunità”, con Harrison Ford a fare da padrino alla premiazione.
“Jeff e Lauren stanno facendo la storia, non solo per l'entità del loro investimento nella natura, ma anche per la sua rapidità”, ha dichiarato il direttore generale di Conservation International, dottor M. Sanjayan, la cui organizzazione ha ricevuto da Bezos una sovvenzione di 20 milioni di dollari nel 2021 per il suo lavoro nelle Ande tropicali.
Tra chi si occupa di clima e biodiversità non manca chi si dice preoccupato per il livello di influenza che le aziende di Bezos esercitano sulle istituzioni ambientali, tra cui quelle che definiscono i parametri di sostenibilità delle aziende.
Vero spirito filantropico o piuttosto un tentativo di prendere il controllo del sistema di governance aziendale per influenzarne gli indirizzi futuri?
Jeff lo fa per la sua Amazon o per l’Amazzonia di tutti?
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Bezos Earth Fund
Il Fondo per la Terra di Bezos mira a distribuire entro la fine del decennio 10 miliardi di dollari per combattere la crisi climatica e la perdita di biodiversità (il 5% dei 200 miliardi dell’attuale fortuna personale del fondatore di Amazon).
Finora ha concesso più di 230 sovvenzioni per un valore di 2 miliardi di dollari, finanziando iniziative che vanno dalle soluzioni ambientali di intelligenza artificiale all'energia pulita per le comunità svantaggiate.
In questo modo, il Bezos Earth Fund è diventato una delle voci più influenti nel settore del clima e della biodiversità.
Tra i suoi membri figurano l'ex ministro dell'Ambiente del Regno Unito Zac Goldsmith, l’ex presidente della Colombia Iván Duque e l'ex consigliere di Barack Obama Paul Bodnar, spesso presenti nei negoziati internazionali sul clima.
I fondi dedicati ai progetti di ripristino della biodiversità e delle comunità più colpite dalla crisi climatica sono di grande supporto per le ONG e le istituzioni che operano in vari parti del mondo, ma ad aprile è successo qualcosa che ha fatto drizzare ancor di più le antenne a chi teme possibili conflitti di interesse.
Lettere infuocate
La Science Based Targets initiative (SBTi) è l'organizzazione responsabile di valutare se alcune delle principali aziende del mondo si stanno decarbonizzando in linea con l'accordo di Parigi.
Nasce dalla collaborazione tra il CDP (ex Carbon Disclosure Project), il Global Compact delle Nazioni Unite, il World Resources Institute (WRI) e il WWF ed è finanziata da grandi nomi come IKEA Foundation, Bloomberg Philanthropies, Rockefeller Philanthropy Advisors e proprio quel Bezos Earth Fund che sta facendo discutere.
Ad inizio aprile il consiglio direttivo di SBTi ha annunciato di voler considerare le compensazioni di carbonio e l’acquisto di “certificati ambientali” come strumenti addizionali per abbattere gli impatti ambientali derivanti dalla propria catena di approvvigionamento (in gergo le emissioni di Scope 3).
Qualche giorno dopo decine di dipendenti della SBTi hanno chiesto, con una lettera interna, le dimissioni dell'amministratore delegato, Luiz Fernando do Amaral, e dei membri del consiglio di amministrazione.
Lo stesso hanno fatto una lunga lista di scienziati con una dichiarazione su Nature chiedendo a SBTi di revocare il suo sostegno alle compensazioni di carbonio.
L’organizzazione ha dovuto perciò precisare che non era ancora deciso nulla e che la discussione era ancora in essere, ma alcune indiscrezioni hanno rivelato che l'annuncio della SBTi è arrivato dopo una riunione tenutasi a Londra proprio sotto il coordinamento del Bezos Earth Fund.
In quell’occasione molti rappresentanti delle aziende che operano sul mercato dei crediti di carbonio chiedevano a SBTi di esprimersi a favore dell’introduzione dei crediti di carbonio. Un caso?
Punti di vista
Sul proprio account Instagram Bezos si sofferma spesso sulla strada percorsa da quando fondò Amazon 27 anni fa, mentre era circondato da grandi personal computer, cavi e documenti alla rinfusa in un ufficio molto modesto.
Celebra i successi delle missioni spaziali con la sua Blue Origin, i premi giornalistici ricevuti dal suo Washington Post, gli annunci delle donazioni alle ONG, i riconoscimenti ricevuti da LinkedIn come migliore azienda per le opportunità che offre ai propri dipendenti.
E’ la stessa azienda contro la quale migliaia di dipendenti hanno scioperato in tutta Europa in occasione del Black Friday dello scorso novembre per chiedere migliori condizioni di lavoro.
Viene da pensare che gli operai che lavorano nei centri di distribuzione merci non siano iscritti a LinkedIn.
Riprendo l’opinione su Bezos di Carl Rhodes, preside della Business School alla University of Technology di Sidney e autore del libro Woke Capitalism, di cui avevo parlato in Perbacco! #30 - Vizio capitale:
“Quando Bezos di Amazon promette 10 miliardi di dollari per combattere il cambiamento climatico pur avendo come business principale una logistica altamente inquinante e magazzini con lavoratori in condizioni miserrime, sta dettando l’agenda attirando l’attenzione sulla sua beneficenza ambientalista, sulla quale la maggior parte del pubblico concorda.
L’avete mai sentito parlare di salario minimo, reddito universale, sindacati? L’importante è sposare cause che non mettano in alcun modo in discussione lo status quo. Se non è un passo indietro per la democrazia questo…”
Implacabile
Nel libro “The Everything Store” pubblicato da Brad Stone nel 2013, Jeff Bezos rivela quanto fosse stato difficile il processo di scelta del nome della sua azienda.
Il primo fu Cadabra, in riferimento alla formula magica Abracadabra, ma pare che il nesso non fosse così chiaro e per di più spesso le persone al telefono lo scambiavano per Cadaver.
Bezos a metà anni ‘90 cominciò quindi a pensare ad un nome alternativo e iniziò a sfogliare il vocabolario alla lettera A. Era fondamentale essere tra i primi sui siti di allora, dove le aziende venivano elencate in ordine alfabetico.
Quando arrivò alla parola "Amazon", il nome del fiume più grande del pianeta (in italiano Rio delle Amazzoni), decise che era il nome perfetto per quella che sarebbe diventata la libreria più grande della terra.
La spiegazione data da Bezos è stata: "Questo non è solo il fiume più grande del mondo, è molte volte più grande di qualsiasi altro fiume. Spazza via tutti gli altri fiumi".
Un desiderio di grandezza e immensità che aveva poco a che vedere con il simbolismo climatico che nei decenni ha assunto la foresta amazzonica e il suo iconico fiume.
La riprova sta nel fatto che quando registrò il dominio amazon.com, fece lo stesso per altri nomi di dominio come Awake.com (sveglio), Browse.com (navigare), and Bookmall.com (centro commerciale del libro). Ma forse quello che più rende l’idea è Relentless.com (implacabile).
Tuttora digitando questo dominio si viene reindirizzati sul sito di Amazon. Ti risparmio la fatica di digitarlo, ecco qua: www.relentless.com.
👓 Spunti e appunti
In risposta alla legge inglese che prevede la deportazione in Ruanda degli immigrati illegali che sbarcano sulle coste inglesi, Lush ha lanciato insieme alla ONG EachOther una campagna denominata Human Rights for everyone (Diritti Umani per tutti), con tanto di sapone esposto nelle vetrine di tutti i punti vendita della Gran Bretagna. (Lush)
I pc e i telefoni di cui siamo circondati ad ogni ora del giorno e della notte sono anche loro fonte di emissioni nocive di carbonio. Qualche consiglio per ridurre l’impatto che noi stessi generiamo con il loro uso. (The Guardian)
Per lo stesso motivo Jim Gregory ha installato nella sua scrivania di casa ad Ames (Iowa - USA) una macchina a pedali che genera elettricità sufficiente per far funzionare il computer, la stampante, i caricabatterie del telefono e il Wi-Fi domestico. (The Guardian)
Non ci son più le 4 stagioni. Per le ostriche. (Il Post)
3 profili LinkedIn, 3 podcast e 3 newsletter a proposito di marketing, branding, media e sostenibilità che ho suggerito in un post su LinkedIn.
Siamo ormai a ridosso delle elezioni europee. , una newsletter su clima e disinformazione, ha fatto un bel riepilogo sulle promesse sul clima contenute (o meno) nei programmi dei vari schieramenti.
🎈E per finire in leggerezza…
Conosci i ragni pavone? Qui un esemplare di Maratus madelineae. A me sembrano creature fantastiche.
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Un'analisi illuminante sull'ambiguità delle iniziative filantropiche di Bezos: tra genuino impegno ambientale e possibile controllo delle politiche climatiche.
I ragni pavone sono i gatti del mondo aracnide: tenerotti e pucciosi!
PS: ho letto anche il resto , eh 😄