Solare spaziale
👨🏻💻 Perbacco! #51 - Nuove tecnologie per il solare, gli obiettivi energetici da raggiungere e un paio di riflessioni in più
Perché limitarsi alla luce solare che arriva sulla Terra? E se sfruttassimo quella più intensa e senza intoppi che arriva ben più sopra delle nostre teste?
Io sono Antonio Di Bacco, aiuto le aziende a capire come rendere la sostenibilità un vantaggio competitivo, e questa è Perbacco! - la newsletter che parla proprio di sostenibilità, etica e strategie d’impresa.
Oggi parliamo di imprese spaziali, partendo subito da un personaggio poco conosciuto.
Mr. Robin Hood
A 33 anni, nel 2018, è diventato multi-milionario grazie alla valutazione raggiunta dalla sua azienda, una piattaforma di scambio di criptovalute a zero commissioni a cui ha dato il nome di Robinhood.
Quando si parla di soldi, il personaggio del ladro gentiluomo torna sempre utile.
Ma Baiju Prafulkumar Bhatt, laureato in fisica e matematica a Stanford, dopo qualche anno si è stufato del suo giochino e ha deciso di farsi da parte, potendo comunque contare sul gruzzoletto messo nel frattempo da parte: 1,8 milioni di $, dicono le stime.
Ora sta lavorando al sogno che aveva fin da bambino. Suo padre, statunitense di origine indiana, è stato uno scienziato della NASA e la dimensione spaziale ha sempre avuto per lui un fascino particolare.
E’ per questo che qualche giorno fa ha lanciato ufficialmente la sua nuova creatura: Aetherflux. Letteralmente “flusso dell’etere”.
A guardare l’homepage del sito, sembra di entrare in un racconto di fantascienza, con immagini e font che ricordano un’opera di Isaac Asimov e non è un caso.
Nel 1941 il famoso romanziere pubblicò un racconto intitolato Reason, dove robot e umani collaboravano per catturare l'energia solare nello spazio, convertirla in elettricità e trasmetterla infine sulla Terra.
Le tre parole ben visibili appena si atterra sul sito di Aetherflux, confermano che è proprio di quello che si parla: Space Solar Power (energia solare dallo spazio).
La unique selling proposition,1 recita: “Abundant and renewable energy, delivered virtually anywhere.” (Energia abbondante e rinnovabile, fornita praticamente ovunque).
Subito dopo c’è la possibilità di inserire la propria email e cliccare sul pulsante magico con su scritto “Request power”, che suona un po’ come un superpotere.
Se torno ai tempi in cui lavoravo per un’azienda di telecomunicazioni satellitari, tutto ciò mi ricorda da una parte il fascino di lavorare a qualcosa di spaziale nel vero senso della parola, dall’altra la necessità di tradurre le cose in concreto, letteralmente portandole a terra e sulla Terra.
Quando si parla di satelliti, l’ubiquità, la capacità di arrivare ovunque, è la caratteristica principale, quella che ti differenzia da tutte le altre tecnologie più terrestri.
Secondo Aetherflux ed il suo fondatore, l'energia solare spaziale può rivoluzionare la distribuzione dell'energia, soprattutto dove la fornitura di energia è costosa, difficile o pericolosa. Luoghi difficili da raggiungere, come basi militari remote, isole o aree colpite da calamità, potrebbero usufruire di questa tecnologia.
Alla base di tutto c’è l’dea di sfruttare l’energia irradiata dal sole nello spazio, disponibile giorno e notte, senza interruzioni di alcun genere, tramite una serie di satelliti molto piccoli che possano trasmettere quell’energia sulla Terra attraverso laser a infrarossi.
Qualcosa di molto simile a quanto fa Starlink, l’azienda di Elon Musk che offre internet via satellite, tramite i suoi piccoli satelliti a bassa quota.
Di fatto parliamo di servizi diversi, uno offre connessione internet a banda larga, l’altro energia solare, ma che ricorrono entrambi a piccoli satelliti posizionati a pochi chilometri sopra le nostre teste, per arrivare all’infrastruttura terrestre e ai consumatori finali.
Per Aetherflux però al momento siamo ancora alla teoria. Proprio la trasmissione a laser infrarossi non è un ostacolo da poco.
Negli anni '70, molti ricercatori lavorarono per sfruttare la luce solare nello spazio, decisamente più potente di quella incidente sulla Terra, ma puntando a lanciare nello spazio satelliti molto più grandi piazzati su orbite geostazionarie.
Da lì l’energia doveva essere trasmessa via onde radio a grandi impianti posizionati sul globo terrestre. Proposte mai concretizzate nella realtà perché troppo costose.
E’ per questo che Baiju vuole cambiare l’approccio, usando tecnologie e dimensioni diverse per arrivare ad una soluzione commerciabile.
Ma come dice lo stesso Baiju: “Se questo sembra audace, è perché lo è.”2
La sfida delle energie rinnovabili è all’ordine del giorno ormai da tempo, qui si aggiunge l’aggettivo satellitare a rendere tutto più etereo.
Forse non a caso, Baiju ha scelto di svelare il suo nuovo progetto proprio il 9 ottobre scorso. Lo stesso giorno in cui l’IEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia, ha pubblicato il suo nuovo report Renewables 2024.3
Domanda globale
Secondo il nuovo rapporto dell'IEA, con l'energia solare in rapida crescita, le rinnovabili saranno in grado di soddisfare quasi la metà della domanda globale di elettricità entro la fine del decennio.
In termini prettamente numerici, lo studio evidenzia, che il mondo è destinato ad aggiungere oltre 5.500 gigawatt (GW) di nuova capacità di energia rinnovabile tra il 2024 e il 2030 (quasi tre volte l’aumento registrato tra il 2017 e il 2023), eguagliando così l’attuale capacità energetica di Cina, Unione Europea, India e Stati Uniti messi insieme.
In termini di tecnologie, si prevede che il solo fotovoltaico rappresenterà un enorme 80% della crescita della capacità rinnovabile globale da qui al 2030, il risultato della costruzione di nuovi grandi impianti solari e di un aumento delle installazioni solari sui tetti da parte di aziende e famiglie.
A questo si aggiunge l’apporto del settore eolico, per cui è previsto un raddoppio del tasso di espansione tra il 2024 e il 2030, rispetto al periodo tra il 2017 e il 2023. L'eolico e il solare fotovoltaico sono già le opzioni più economiche per aggiungere nuova generazione di elettricità in quasi tutti i Paesi.
Secondo le previsioni, entro la fine di questo decennio, la quota di energia eolica e solare fotovoltaica sarà raddoppiata, raggiungendo il 30% dell’energia totale generata, cioè 2,7 volte il livello del 2022 entro il 2030.
E’ ancora un po’ al di sotto dell’obiettivo fissato alla COP28 di dicembre 2023 (3 volte il livello del 2022), perciò il rapporto sottolinea la necessità che i governi intensifichino i loro sforzi per favorire questa espansione.
Significa superare le incertezze politiche e semplificare i processi di autorizzazione, nonché costruire e modernizzare 25 milioni di chilometri di reti elettriche.
Qualcosa di tecnicamente fattibile. Poi certo potremmo pure piazzare qualche altro satellite nello spazio per portare energia nei posti più remoti.
BCorp italiane
A settembre il Movimento delle B Corp italiane ha tagliato il traguardo delle 300 aziende certificate: 303, per l’esattezza, il 13% in più rispetto alla fine dell’anno scorso. In totale danno lavoro a più di 28.000 persone in 17 industrie diverse, generando un fatturato di oltre 15,1 miliardi di euro.
Questo il quadro che emerge da una ricerca condotta dal Research Department di Intesa Sanpaolo in collaborazione con B Lab Italia, sezione nazionale dell’organizzazione non profit nata in USA nel 2006.4
Del movimento B Corp e di alcune critiche emerse da alcune storiche piccole aziende che ne hanno fatto parte fin dagli inizi, avevo scritto a marzo scorso.
Il punto nodale era ed è tuttora invariato. Da una parte la spinta a rivedere i parametri di certificazione per favorire l’adesione a certi principi anche da parte di grandi aziende. Dall’altra la necessità di mantenere credibilità, di non diluire troppo il valore della certificazione BCorp.
La revisione dei parametri è tuttora in discussione.
Al di làdi numeri e parametri, le aziende dovranno sempre e comunque dare concretezza a questa e alle altre certificazioni, che sono rilevanti solo se viste come una parte di un puzzle ben più grande, dove l’azienda è capace di raccontare in maniera autentica e credibile cosa si fa e come lo si fa, chi sono i fornitori e partner, come si dà concretezza alla propria missione e visione.
Parole durevoli
Ma non è che molliamo troppo facilmente alcune parole importanti che abbiamo a disposizione, solo perché vengono colonizzate e abusate?
Riprendo la riflessione lanciata da nel numero uscito sabato scorso della sua newsletter Areale,5 a proposito della sostenibilità culturale, del linguaggio che racconta la nostra società e chi siamo.
Ci sono parole come sostenibilità, resilienza, rigenerazione, che nel tempo sono state talmente usate, spesso a sproposito, da aver creato un sistema linguistico usa e getta.
Siccome le vediamo ovunque, perdono di significato e ne creiamo di nuove che poi fanno la stessa fine.
E allora forse vale la pena difenderle quelle parole, al di là dello sfruttamento o delle pratiche di marketing senza scrupoli.
Un buon modo per dire sostenibilità è durevolezza. Costruire oggetti, pratiche, comunità in grado di durare nel corso del tempo è qualcosa a cui dovremmo aspirare.
Usiamole queste parole. Se siamo capaci di riconoscere la forza che hanno, ci aiuteranno a cambiare in meglio questo mondo.
È tutto per questo numero di Perbacco! Una puntata spaziale, come sempre scritta con il cuore. Lo stesso ❤️ che puoi cliccare giù in fondo se ti è piaciuta questa puntata. Puoi anche condividerla con chi potrebbe apprezzarla.
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La Unique selling Proposition è definibile come l'elemento distintivo che rende un prodotto, un servizio o un'azienda unica e attraente per il proprio pubblico.
Baiju Bhatt parla più diffusamente della sua idea in questo post.
Il report Renewables 2024 di IEA è disponibile qui.
L’articolo di approfondimento sulle BCorp italiane è stato pubblicato da Materia Rinnovabile.
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Prossimo passo: costruire una sfera di Dyson 😄